Kerala prima meta amica delle donne

Dove: India Kerala
Chi: Kerala Responsible Tourism Mission Society

AAGRTMemberper testo piccolo    Un progetto unico fondato sulla sicurezza delle donne
 

Il Kerala, terra delle spezie, del tè e dell’ayurveda ha molti primati: qui convivono decine di culture, c’è il più alto tasso di alfabetizzazione, abitano grandi scrittori dei diritti civili come Arundathi Roy, le donne danno il cognome ai figli, nel governo convivono comunisti e conservatori. Ed ora è diventata il più vasto esperimento di condivisione delle esperienze e inclusione delle diversità tra viaggiatori e comunità. Siamo nel mondo del ‘Dio delle piccole cose’ del leggendario romanzo di Arundhathi Roy: scoprire noi stessi nella natura e nei piccoli gesti uscendo dalla nostra comfort zone ci porterà alla felicità? Di sicuro si esce dalle vie del turismo e si entra nel mondo del qui e ora, con chi qui ci abita.

Molly Kochuthressia è una sessantenne che con la pensione è tornata al suo vecchio villaggio Sultan Bathery, nella orgogliosa regione di Wayanad, ricca di storia e celebre per la sua popolazione ribelle agli invasori, tra le piantagioni di spezie lussureggianti alle pendici delle montagne del Western Ghats. Qui ha fondato Harmony Farm: una fattoria modello, una casa in legno con camere per i visitatori e passerelle accessibili a tutti, la più importante marca di tè organico certificata, una produzione di concime organico. I contadini e le donne che lavorano per lei appartengolo alla tribù locale Adivasi, sono stati spostati dalla foresta per fare posto ad una Riserva Naturale, che hanno così ritrovato il loro ambiente naturale. Da qui si parte per visitare le piantagioni, con tappa dagli artigiani per estrarre l’olio di eucalipto, lavor o intrecciare bamboo, ci si arrampica su una distesa di verdi diversi fino al Chembra Peak, la montagna più alta del Wayanad, passando per il lago a forma di cuore.

Molly è una delle imprenditrici che hanno usato del progetto della Kerala Responsible Tourism Mission Society, diventato un modello nel mondo: 40 pacchetti con decine di esperienze in 30 regioni, allo scopo di coinvolgere tutti gli abitanti, avere piccoli gruppi di turisti, garantire rispetto per le donne locali e sicurezza per le viaggiatrici. Lo scopo: far progredire gli standard globali di inclusione di genere per l'industria del turismo e di sicurezza per le viaggiatrici. un modello ora studiato in tutto il mondo, in cui per la prima volta la popolazione autogestisce migliaia di iniziative, per permettere a tutti di avvantaggiarsi delle entrate del turismo, ma in piccolissimi numeri rispettosi delle culture. Grandi protagoniste le donne: per la prima volta migliaia di contadine, guide, manager, artigiane, portavoce delle etnie più isolate, gestiscono il 70% di 18.000 attività, in accordo con i loro villaggi e le loro famiglie, creando destinazioni sicure e rispettose per sé e per le turiste. Prima conseguenza del successo: sono sempre di più le viaggiatrici che si inerpicano tra foreste di sandalo, resti preistorici e piantagioni smeraldo del tè più pregiato fino a Munnar, si addentrano nella ‘rise cup’, il centro di risaie e laghi, fino alle spiagge del sud.

Le proposte? Pesca, giri in tuktuk, oli e saponi di concentratissimi legni e fiori, mieli e conserve, classi di yoga e di kalaripayattu (l’arte marziale che usa mente, anima, tocco come nelle tecniche ayurvediche), raccogliere il tè, tessere, partecipare ai festival più strani (tipo danza dei serpenti), lavorare la creta, arrampicarsi a raccogliere cocco, notti nelle centinaia di farmstay e giorni a coltivare piante sconosciute, scovare gli uccelli dalla canoa nella foresta di mangrovie, mostre d’arte e festival culturali nelle fattorie più isolate, poetry reading in auditorium sotto le foglie di palma. Sempre a casa di amici indiani, coccolati con menu paradisiaci e ayurveda in tutte le forme, medicinali, unguenti, massaggi, cibi, succhi, yoga, danza

Si resta tra i monti, in jeep fino a Munnar, perché qui bisogna vedere il Flower Garden, giardino botanico con centinaia di rose e soprattutto godere della luce tra i campi smeraldo punteggiati dai sari colorati delle raccoglitrici, nella piantagione di tè più alta del mondo, da gustare e comprare al Lockart Tea Museum. Quando si alza la nebbia, gli elefanti vanno ad abbeverarsi ed i suoni della foresta si quietano, conviene rifugiarsi al Grand Cliff Resort, con terrazza sulla foresta addormentata, un concentrato di tutte le comodità e piacevolezze del Kerala in variante 5 stelle.

A Kochi bisogna perdersi nella giungla delle polverose stradine storiche, un mondo di sorrisi, templi, altarini, moschee, bouganville e tuktuk. A Fort, in un quadrilatero tra fiume, Rose street e Muhammad Road, entrate negli hotel Le Colonial e Old Harbour, provate decine di vestiti nelle boutique di giovani designer o sarte in sari con la macchina da cucire pret-à-porter, affittate una bici, assaggiate street food, prenotatevi un massaggio ayurveda. Ma soprattutto, a Jew Town, bisogna prendere almeno un cocktail al Ginger House Museum Hotel per sbirciare le suite di ori e specchi da marajà, entrare e uscire da botteghe di antiquari e speziali, immaginare mercanti arabi, ebrei, fiamminghi, portoghesi, oltre le facciate cadenti intorno alle Sinagoghe. Consigliatissimo per la notte è Govindamangalam Home Stay: una villa centenaria nel verde con ogni comodità e servizio come a casa.

Cochin è anche la porta verso le backwaters, la ‘rice bowl’ 14 metri sotto il livello del mare, tutta laghi smeraldo punteggiati dalle tonde isolette di erba, e borghi assopiti sulle sponde. Tutto in un clima di serenità e calma contagiosi.

Chi ha un animo verde deve incontrare Julie Joy, ideatrice di Ecotrailnomads : diventata un guru anti plastica e organizzatrice di campagne di pulizia di spiagge e strade e incontri con le scuole, vi trasmetterà il suo entusiasmo per la natura, con le vacanze nella fattoria organica, con la cuoca ad imparare ricette vegetariane, o in tenda a vedere le cascate ed esplorare dal Kerala al mondo.

A Maravanturuth incontriamo Ambily Soman responsabile di uno dei tanti Women’s Responsible Tourism Club: << Il Club è uno strumento di empowering: offriamo appoggio alle donne che vogliono viaggiare, organizziamo viaggi, facciamo formazione a chi vuole lavorare>>. Con la sua compagnia Grassroot Journeys, Ambily è spcializzata in viaggi al femminile, pellegrinaggi, visite ad altri villaggi. <<Le donne sono spesso costrette in casa, io e le mie amiche, con la nostra organizzazione, siamo l’esempio di come autogestire piccolissimi centri e trasformarli in mete interessanti per i viaggiatori con vantaggio di tutti: ricaviamo un piccolo guadagno, gestiamo i pacchetti di viaggio, portiamo i turisti in canoa, a scoprire la vecchia vita del villaggio, la cucina etnica, li ospitiamo>>.

Kumarakom e le sue terre di acqua sono da visitare in barca. Con Village Ways, per esempio, si alloggia su raffinatissime case galleggianti con cui si visitano i villaggi ( . Ad Aymanam invece, ci sono 40 barche shikara, il barcaiolo porta in un giro di tre ore e si pagano 3500 rupie all’ufficio del turismo. <<Per noi è molto importante ricevere i turisti, ma anche coordinare il lavoro di tutti senza intaccare la tradizione>> racconta Geethu, la rappresentante della comunità. Nella prima tappa in cucina si fa il curry, poi si visita la signora che tesse e il laboratorio che crea tappeti e oggetti dalle fibre del cocco. Gli orti sul retro delle fattorie, oltre i muri di fango riparo dalle inondazioni, affacciano sull’ acqua e la prossima tappa è un invito in cucina tra sorrisi e assaggi a ritma lento: melanzane, noce moscata, curcuma, riso Ghee, biriyani, curry, kurumulaku delle tribù e koottu in tutte le ricette. Capiamo perché qui è ambientato il romanzo Il Dio delle piccole cose.

Se poi volete sentirvi come in un film di Bollywood, qui vanno per la maggiore i corsi di Katakali, oppure i riti Kolathunadu con i santoni dipinti e danzanti in stato di trance, oppure si può andare con le donne nell’orto e al mercato alla ricerca di frutti sconosciuti, cucinare il Jadree, fare acquisti dalle artigiane e preparare un grande ballo. Questi e altri sono i consigli di Gheetu Mohandas, di letsgoforacamp , ingegnere elettronico, prima indiana alla spedizione polare, che, con 30 guide e manager, ha portato le donne indiane su monti e mari, con amiche e con figli, ad aiutare durante le emergenze, a comprare artigianato, ad esplorare, per <<scoprire sè stesse nella natura uscendo dalla comfort zone>>.

Secondo Sukerti Raiwat di Soulfulsafaris con il potere terapeutico dell’arte e dell’artigianato non ridisegniamo la materia ma anche il paesaggio della nostra mente, noi stessi. Perciò i suoi viaggi sono workshops studiati per riconnerci, riciclare, riprogettare. I viaggi rigenerativi per creare benessere devono essere esperienze lente, sprituali, socialmente utili, artistiche, intersecando cultura, comunità, conservazione, il benessere del pianeta e delle persone. I viaggi di Sukerti Raiwat sono tutto questo, curati su misura e basati sul grande potere terapeutico di 5000 anni di arte e artigianato. Al primo posto la filantropia, la conservazione del pianeta, il sostegno di cause e imprese etiche. Per esempio: nel villaggio di Kuttanad, Krishna Kumari vi insegna diversi masala serviti su foglie di banano con il pane di riso appam, il barcaiolo Mathai vi mostra le piante tra i canali di Pullicunni, la cooperativa del villaggio di Muhamma vi fa tessere la fibra del cocco, e, non prima di aver comprato una magnifica borsa, si finisce nel magnifico Purity Resort sul lago Vambanad, sotto le cure di terapisti esperti per yoga, meditazione e ayurveda personalizzati

Da Marari Beach a Varkala, se siete backpackers vi piacerà l’idea di Hellie, svizzera che da anni spende il suo mese di ferie girando l’India da sola: <<Il modo migliore e sicuro per vedere il Kerala è percorrere con l’autobus la strada costiera>>. Ed in effetti tra le palme si intravedono infinite spiagge, zigzagzndo tra pozzanghere, mercatini, bandiere falce e martello, chiese, moschee, altari a Shiva e fiere di paese.

Nei villaggi, si visitano le piantagioni e ci si cimenta in surf, canoa, pesca, laboratori di legno e terracotta. Ma, ultimo e più importante momento di gloria, non può che essere un massaggio ayurvedico, quando finisce il tempo del raccolto ed arriva il monsone, quando pare gli olii siano più efficaci. Il più originale: ‘pacchettto monsone, trattamento ringiovanente testa, faccia, corpo’. Con visita sotto la pioggia al festival al tempio di Oachira, una tuonante processione di tamburi, corni ed elefanti.

INFO

https://www.keralatourism.org/responsible-tourism/

 

 

Tags: women entrepreneurs in tourism , UNWTO UN Women, donne nel turismo, Kerala Responsible Tourism MIssion Society

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